Venafro, gioiello del Molise incastonato tra i maestosi massicci del Matese e delle Mainarde, custodisce un tesoro archeologico di inestimabile valore: l’Anfiteatro Verlasce. Conosciuto anche come Verlascio, questo antico monumento romano non è solo una testimonianza del glorioso passato di Venafrum, ma un simbolo vivente di resilienza e adattamento, che invita i visitatori a un’immersione profonda nella storia e nella cultura del territorio molisano.

Lo splendore di Venafrum: un anfiteatro nel cuore dell’impero

Edificato nel I secolo d.C., l’Anfiteatro Verlasce fu il cuore pulsante dell’antica Venafrum, all’epoca fiorente colonia augustea. La sua imponente struttura ellittica, con un diametro maggiore di circa 110 metri e uno minore di 85, poteva ospitare fino a 15.000 spettatori, rendendola un’arena di medie dimensioni nell’Impero Romano. Qui si svolgevano i celebri ludi gladiatorii, ma anche spettacolari naumachiae (battaglie navali), trasformando l’anfiteatro in un vivace centro di aggregazione sociale e di intrattenimento pubblico. La sua posizione strategica, appena fuori le mura cittadine, era una scelta ponderata per gestire grandi folle e garantire la sicurezza. Visitare il Verlasce oggi significa camminare sulle orme di gladiatori e imperatori, rivivendo l’atmosfera vibrante dell’antica Roma.  

Un monumento unico: il paradosso della conservazione rurale

Ciò che rende l’Anfiteatro Verlasce quasi unico in Italia è la sua straordinaria storia di conservazione. Dopo il declino di Venafrum a seguito del devastante terremoto del 346 d.C. e un periodo di abbandono in cui fu usato come “cava di marmo” per il recupero di materiali , nel XVII secolo l’anfiteatro subì una trasformazione inaspettata. Le sue antiche strutture furono inglobate e riutilizzate come abitazioni rurali, stalle e fienili. Questo ingegnoso adattamento, lungi dal distruggere il monumento, ne ha paradossalmente preservato la volumetria ellittica originale, un fenomeno di “conservazione per riuso” che lo accomuna solo al “Parlascio” di Lucca. Ancora oggi, è possibile osservare tratti originali delle murature in opera mista (con paramenti in reticolato e laterizio) che si fondono con le successive costruzioni rurali, offrendo uno spaccato affascinante di come la storia si stratifichi e si adatti.

Tesori archeologici e racconti di gladiatori

Gli scavi archeologici hanno rivelato dettagli preziosi sulla vita nell’anfiteatro. Tra i ritrovamenti più significativi spicca un’iscrizione gladiatoria, oggi conservata nel Palazzo Cimorelli, che è stata definita una vera e propria “cronaca sportiva” dell’epoca. Questa epigrafe riporta i nomi, le vittorie e persino il destino di gladiatori come Incitatus Cassianus e Niger, offrendo uno sguardo intimo e toccante sulle loro vite nell’arena. Nelle vicinanze, sono stati rinvenuti frammenti che suggeriscono la presenza di una palestra per gladiatori, completando il quadro di questo complesso ludico. Il Museo Archeologico di Santa Chiara a Venafro custodisce numerosi altri reperti romani, tra cui la celebre “Venere di Venafro” e gli “Scacchi di Venafro”, che arricchiscono ulteriormente l’esperienza del visitatore.

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